Qual è quella forza che spinge una famiglia ad andare oltre i propri confini per offrire aiuto e sostegno ai membri di un’altra famiglia? Certamente uno spirito di solidarietà, ma da solo non basta.
L’affido è una materia complessa, una grande sfida, persino un atto di incoscienza: si è genitori senza esserlo davvero, ogni giorno si prendono decisioni per il bene del bambino, ma quelle più importanti probabilmente spetteranno ancora ai genitori biologici o al nuovo Tutore.
In questa complessità, per avere una bussola quando il mare è più agitato, occorre definire la progettualità di ogni singolo affido e partire con la motivazione giusta: questo farà la differenza.
“Desidero avere un figlio? Vorrei che questo bambino fosse mio? Come mi immagino il bambino? Cosa mi aspetto da lui?”. Queste e tante altre sono le domande da porsi avvicinandosi all’affido famigliare: mettere a fuoco le nostre aspettative ci aiuta anche a capire meglio che tipo di affido fa più al caso nostro.
Possiamo essere di aiuto ad una famiglia nel nostro tempo libero ed essere di supporto.
Possiamo accogliere un bambino nel pomeriggio per fare i compiti.
Possiamo accogliere un bambino nel week end anche con pernottamento.
Possiamo accogliere un bambino in un affido residenziale.
Se invece desideriamo avere un figlio e la volontà è quella di adottarlo, si potranno avere delle aspettative che verranno disattese e sarà un problema per la famiglia affidataria e per il minore. È quella che in gergo si dice motivazione adottiva, ovvero quella motivazione che risponde al desiderio di genitorialità per il quale accogliere vuol dire appartenere, spesso conseguenza di vissuti ed elaborati non risolti o più semplicemente al raggiungimento di una consapevolezza che si scosta dalla pura accoglienza incondizionata.
Dietro ogni motivazione si nasconde sempre un bisogno.
La motivazione è di tipo “riparativo” è riscontrabile soprattutto nelle persone che cercano qualcuno che abbia bisogno di attenzione e di legami.
È di tipo “riparativo creativo” quando è possibile prendersi cura di sé prendendosi cura di altri: questo tipo di motivazione è in genere molto idonea a sostenere nel tempo l’affido, soprattutto per reggere le inevitabili frustrazioni che porta con sé.
La motivazione di tipo “restitutivo” si fonda sul bisogno di restituire un po’ di quel che si sente di aver ricevuto. È tipica delle persone che hanno avuto nella vita adulti positivi particolarmente vicini e utili nella loro crescita e che hanno vicariato le figure genitoriali o qualche loro funzione. Molto spesso hanno detto di voler fare lo stesso, di poter essere loro stessi a dare ad altri, a dei minori, quello che hanno ricevuto gratuitamente.
Infine la motivazione di tipo “etico-morale”. È l’idea di “far del bene” che rappresenta lo strato più superficiale di motivazioni più complesse e profonde. Si tratta generalmente di una dichiarazione iniziale da non sottovalutare, ma della quale non accontentarsi in quanto il più delle volte si accompagna ad una o più delle motivazioni sopra descritte.
Qualsiasi sia la motivazione è importante tenere presente che non sempre le nostre necessità coincidono con quelle del minore e che deve essere lo spirito di solidarietà a guidarci e non il desiderio di soddisfare un nostro bisogno!
“Quando si fa un atto di solidarietà, chi lo fa non si aspetta nulla in cambio, ma in realtà riceve più di quanto non si possa immaginare, qualcosa di un valore grande e inestimabile che riempie il cuore.”
Equipe kairòs
Monica Neri Presidente